Perché l’attacco di panico è in grado di stravolgere le nostre abitudini di sempre? E perché, spesso, insieme al panico, sopraggiunge la paura degli spazi aperti?
Diventa penoso percorrere gallerie, cavalcavia, autostrade e recarsi in spazi pieni di persone.
Iniziamo ad evitare occasioni che abbiano in sé elementi che associamo al panico. Smettiamo di guidare, non facciamo certe strade, evitiamo viaggi.
Sbagliamo! E così facendo accresciamo l’errata convinzione: “è il luogo ad avere il potere di generare il panico”.
In questo articolo verranno descritti i sintomi del panico, quelli che, per quanto inusuali e strani possano sembrarci, sono quelli tipici.
Non devono spaventarci, anzi, dovranno essere ben ascoltati affinchè si possa porre rimedio a questo grido d’aiuto.
“Ho gli attacchi di panico”
In molti oggi arrivano dallo psicologo con un’autodiagnosi. “Ho gli attacchi di panico”, ci sentiamo spesso dire.
Alle volte non è così e dobbiamo distinguere un’ansia generalizzata dal panico. Ma cosa li distingue? E cos’è il panico?
Il panico è la manifestazione di un’angoscia catastrofica, è il timore di morire.
Ci batte forte il cuore, l’aria sembra non entrare nei nostri polmoni.
“Sarà mica un infarto?”
Capita di correre al pronto soccorso, dove vengono fatte le indagini cliniche. I medici ci rassicurano sul fatto che non c’è nessuna lesione organica e ci mandano a casa.
Eppure, sebbene i timori iniziali siano stati placati, l’attacco di panico può sopraggiungere nuovamente, mettendoci in una posizione di continuo allarme.
Il panico è mostruoso perché ci terrorizza. Subdolo, invece, lo è perché si manifesta improvvisamente, in assenza di uno stimolo (almeno apparente) che ne giustifichi la presenza. Ha un’insorgenza molto rapida, qualche minuto o addirittura qualche secondo. Anche la sua durata è limitata.
Non scordiamoci che il panico può essere anche notturno, ovvero possiamo svegliarci in preda ad un attacco.
Quando ne facciamo esperienza è molto difficile non registrarla come traumatica.
Cosa succede nel cervello
Le neuroscienze ci spiegano come si scatena l’attacco.
Semplifichiamo: gli stimoli di paura arrivano in una parte specifica del cervello, l’amigdala. Quando la nostra paura è molto forte, come accade nell’attacco di panico, l’amigdala, inizia ad inviare messaggi neuro-ormonali ai vari organi, che si allertano e si mettono in movimento, provocando tutti i sintomi fisici tipici del panico.
La componente corporea così potente è caratteristica del panico ed è uno degli elementi che lo distingue dall’angoscia e dall’ ansia generalizzata. Insomma, l’attacco di panico incide moltissimo sul nostro corpo, facendoci credere di non respirare o di avere un attacco di cuore.
Quegli strani sintomi
Abbiamo visto come l’attacco di panico coinvolga il nostro corpo (tachicardia, aumento del respiro, alcune volte diarrea, formicolio). Insieme alla componente fisica, c’è quella psichica, l’ansia.
Troviamo due “strani” sintomi psichici, non dominabili dalla volontà e che possono spaventarci molto. Il primo di questi è la sensazione di vederci da fuori. Sensazione così nitida che diviene quasi percezione di aver perso i confini fisici.
“Io non mi sento. Guardo le mie mani e mi chiedo se siano davvero le mie mani, poi penso ai miei occhi e mi chiedo se siano i miei. E mi chiedo pure se sto davvero vedendo ciò che sto vedendo, se questo corpo appartenga davvero a me. Mi stupisco osservando la stranezza del corpo. Sto malissimo quando mi succede e mi capita quando sono in preda al panico..”
Questo fenomeno prende il nome di depersonalizzazione e può accadere anche nei confronti della realtà che ci circonda.
Possiamo cioè avere la sensazione che niente sia reale e che gli elementi che osserviamo siano estranei, strani, quasi virtuali. Questo fenomeno prende invece il nome di derealizzazione.
Questi due fenomeni sono l’espressione del panico più profondo e ci fanno capire quanto la problematica stia sul conflitto della nostra identità. Pensiamoci bene: una dissociazione tra il sentirsi e il percepirsi può generare la paura più profonda.
Il panico suscita tale insicurezza ed angoscia che anche l’autostima può vacillare. Ecco perché è associato alla fobia dello spazio, ovvero l’agorafobia. Si rende difficile la nostra condizione di indipendenza e di autonomia da quel momento in poi.
I Sintomi del panico:
• Palpitazioni
• Sudorazione
• Tremori
• Sensazione che l’aria non entri nei polmoni
• Dolore al petto
• Nausea
• Sensazione di instabilità e sbandamento
• La realtà esterna appare strana ed irreale (derealizzazione)
• Sensazione di essere staccati dal proprio corpo (depersonalizzazione)
• Sensazione di perdere il controllo, impazzire o morire
• Avvertire formicolii (parestesie), brividi di freddo o vampate di calore
Facciamo chiarezza:
– Avere ansia non significa per forza avere attacchi di panico
– Si può essere ansiosi senza mai giungere ad un attacco di panico
– Il panico è intenso, ha durata limitata, ci pervade, ma non presenta margini di concreta pericolosità
– L’ansia generalizzata è più diffusa, meno pervasiva, meno intensa
– Ci sono terapie efficaci per gli attacchi di panico
– Il panico è un campanello di allarme che dobbiamo ascoltare e che ci inviata a prenderci cura di noi
– Se ignoriamo i messaggi che gli attacchi di panico vogliono trasmetterci, sarà più probabile avere altri attacchi
Si può “guarire” dal panico?
Panico testimonia che stiano attraversando una crisi profonda. Le nostre difese non bastano più, ne abbiano bisogno di altre, di nuove. Pensiamo all’aumento dei casi di disturbo da attacchi di panico, soprattutto tra giovani e giovanissimi, nell’epoca Covid. Le prestazioni che ci vengono richieste sono avvolte insopportabili ed il panico è il sintomo che ci dà l’allarme.
Un importante elemento che rende l’attacco di panico invalidante è l’enorme paura che possa riverificarsi. Questa paura prende il nome di ansia anticipatoria, la penosa attesa che un nuovo attacco ci sconvolga da un momento all’altro.
Agli attacchi di panico c’è però rimedio. All’interno di un percorso di psicoterapia abbiamo modo di capire le motivazioni profonde dell’attacco e conseguentemente possiamo decidere di porvi rimedio (spesso faticoso, ma ne vale la pena!).
Oltre al percorso psicoterapeutico, imprescindibile se vogliamo individuare le ragioni dell’attacco, si può ricorrere, se necessario, ad un aiuto farmacologico prescritto da uno psichiatra.
Il consiglio è quello di evitare accuratamente trattamenti suggeriti da amici e parenti che si fondano sulla somministrazione di ansiolitici (benzodiazepine).
Le sole benzodiazepine per l’attacco di panico possono aiutarci solo apparentemente e portarci allo sviluppo di una dipendenza se il loro uso non è controllato da uno specialista. Possono placare inizialmente la sintomatologia, ma non portano ad una soluzione del problema.
Per chi fosse curioso e volesse qualche suggerimento di lettura
Freud, (1920) Al di là del principio del piacere, è sempre una buona partenza.
Poi Erich Fromm, Fuga dalla libertà. Libro che approfondisce anche il panico collettivo.
Per avvicinarsi invece all’esperienza della psicoterapia propongo un libro a me molto caro. Ne suggerisco la lettura a chiunque. A qualsiasi età, qualunque sia la sua sofferenza, il suo sintomo. È “Il dono della terapia” di Irvin Yalom.
Dott.ssa Giulia Peccianti
Psicologa-Psicoterapeuta
lapsicologiapositiva.it